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A Karak in Giordania a 140 chilometri a sud della capitale Amman nell’unica struttura medica cristiana della zona

Un ospedale italiano in Medio Oriente ristrutturato
grazie ai provvidenziali aiuti del Gran Priorato di Roma
di Andrea Marini di Subiaco

Gli interventi riguarderanno
il reparto di Maternità
e Neonatologia dove
sono ricoverate e assistite
soprattutto donne
mussulmane con i loro figli

S

arà ristrutturato a cura del
Gran Priorato di Roma il reparto di Maternità e Neonatologia dell’Ospedale Italiano di Karak
in Giordania. In accordo con il Gran
Magistero e sotto la supervisione del
Grande Ospedaliere, oltre agli ambienti saranno modernizzate anche le
attrezzature di supporto ai posti letto
e alle culle. Saranno anche predisposti nuovi impianti di climatizzazione
e distribuzione di ossigeno in ogni
stanza.
L’Ospedale è una struttura all’avanguardia, a cui il Gran Priorato
garantirà in seguito anche il sostegno
materiale e l’assistenza professionale. L’accordo di collaborazione è
stato firmato il 5 aprile scorso nella
sede del Gran Priorato di Roma, dal
Procuratore Amedeo de Franchis e
dalla responsabile legale dell’Ospedale Suor Alessandra Fumagalli. Era
presente il Segretario Generale per
gli Affari Esteri dell’Ordine, l’ambasciatore Stefano Ronca. All’importante accordo si è arrivati dopo lo
studio e il monitoraggio portati avanti
dall’Ambasciatore designato dell’Ordine in Giordania Lorenzo Borghese e
la visita ricognitiva del pro-Assistente
Caritativo Maria Cristina Spalletti Trivelli. «In un momento di grandi flussi
di rifugiati e profughi in quell’area spiega il Procuratore de Franchis - il
Gran Priorato di Roma con questo
gesto vuole prestare assistenza ai
più fragili, proprio in quelle zone del
mondo dove l’Ordine è nato oltre 900
anni fa».
Il lungo edificio a due piani che,
dominando la valle di Moab, di biblica memoria, si appoggia alle rovine
antiche di nove secoli del Castello dei
Cavalieri Crociati di al-Karak, è l’unico ospedale di quell’area occidentale
di Giordania affiancata al Mar Morto.
Dispensa cure gratuite ai bisognosi e
rappresenta la sola presenza cristiana in campo medico e sociale in tutto

In alto a sinistra: la firma dell’accordo tra il Procuratore del Gran Priorato di Roma, Amedeo de Franchis, e la responsabile legale dell’Ospedale,
la comboniana suor Alessandra Fumagalli. A destra l’ingresso della struttura. Qui sopra la sala di neonatolgia con le incubatrici e un bambino
appena nato mentre riceve le prime assistenze da una suora cattolica e da due infermiere mussulmane.

il sud del Regno Hascemita. Un ospedale italiano affidato, fin dalla fondazione nel 1935, alle Suore Missionarie Comboniane. «Oggi - racconta
dopo la sua visita la pro-Assistente
Caritativa Spalletti - le suore sono
sei in tutto: caparbie e forti ma anche tanto disponibili ed accoglienti da
meritare il rispetto e l’affetto dei loro
pazienti e degli abitanti del posto:
con la loro inesauribile dedizione ed
i loro confortanti sorrisi trasmettono
continuamente il messaggio di cristiana carità che caratterizza anche
la vocazione melitense. Con l’ausilio
di 80 dipendenti locali, gestiscono
50 posti letto per tutte le specialità
mediche offrendo cure per lo più gratuite, senza distinzione alcuna, alla
popolazione quasi esclusivamente
mussulmana, in questa che è la parte più povera del Paese. Se, infatti, ai
più abbienti è richiesto un contributo
per le prestazioni mediche, la mag-

gior parte degli infermi è assistita
gratuitamente».
La Giordania è un paese sotto
pressione: dai 5 milioni di residenti,
con la guerra Irak-Siria sono stati altrettanti i profughi e rifugiati divenuti
stanziali, i quali hanno accresciuto le
sacche di povertà e rese insufficienti
le strutture del Paese forse più occidentalizzato del Medio Oriente, dove
la stessa monarchia è da sempre
molto impegnata nel dialogo interreligioso, con un apprezzamento per le
attività dell’Ordine di Malta. «E proprio fare distensione tra le tensioni
crescenti - sottolinea l’Ambasciatore
Borghese, che ha una importante
esperienza medica alle spalle - è uno
degli aspetti principali di questa offerta sanitaria».
A ristrutturazione terminata il
complesso sarà, infatti, usufruibile
anche dai rifugiati siriani che si sono
insediati in questa zona di Karak, 140

km a sud della capitale Amman. Qui
tutte le donne sono particolarmente
curate ed assistite: l’Ospedale, infatti, mette a disposizione delle donne
mussulmane, che per assistere i
congiunti o per i turni di lavoro non
sono in grado di raggiungere le proprie abitazioni prima del calar della
sera, una piccola dependance dove
trascorrere la notte.
I lavori finanziati dal Gran Priorato
di Roma per la ristrutturazione del
Reparto di Maternità e Neonatologia
di questo ospedale, che letteralmente
guarda la Terra Santa, inizieranno nel
mese di luglio per concludersi presumibilmente a fine ottobre.
L’Ordine di Malta, dunque, a
355 chilometri dal suo ospedale di
Betlemme, vuole anche qui porsi al
servizio delle categorie più vulnerabili: le mamme e i bambini, ai quali
va garantita una struttura che possa
assicurare serenità ed assistenza.